IL REATO DI CAPORALATO: QUANDO DALLA LOTTA COLLETTIVA NASCONO DIRITTI
L’articolo 12 del Dl 13 agosto 2011 n. 138 (c.d. manovra di ferragosto) ha introdotto tra i delitti contro la persona nel codice penale, all’articolo 603-bis, il delitto di «Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro». Nel testo della norma si legge che “Salvo che il fatto costituisca più grave reato chiunque svolga un’attività organizzata di intermediazione, reclutando manodopera o organizzandone l’attività lavorativa caratterizzata da sfruttamento, mediante violenza, minaccia, o intimidazione, approfittando dello stato di bisogno o di necessità dei lavoratori, è punito con la reclusione da cinque a otto anni e con la multa da 1.000 a 2.000 euro per ciascun lavoratore reclutato.”
Sebbene, non si tratti di una notizia recentissima, abbiamo voluto pubblicare questo breve post perché l’introduzione del reato di caporalato è avvenuta con modalità del tutto inaspettate: grazie alla rivolta di alcuni braccianti immigrati nei campi di pomodori a Nardò, capitanati da Ivan Sagnet, bracciante camerunense, studente di ingegneria al Politecnico di Torino.
E’ un elemento su cui riflettere che la lotta collettiva, per la conquista e la difesa dei diritti dei lavoratori, sia partita da un gruppo di braccianti immigrati che denunciando lo sfruttamento sono riusciti a portare all’attenzione delle istituzioni l’esigenza di tutelare la dignità del lavoro anche attraverso l’introduzione di una fattispecie criminosa.